Da alcuni giorni, su YouTube è fruibile un video di Ikea in cui è annunciata una sorta di rivoluzione tecnologica nel campo della fabbricazione di alcuni tipi di artefatti per la casa.
Un sabato di febbraio del 1987 si trovavano riuniti a Ravenna i protagonisti della grafica italiana per un convegno dal titolo Urbanovisuale1 organizzato da Giovanni Anceschi e Massimo Casamenti. L’incontro era una delle occasioni di riflessione tra visual designer seguite alla celebre I Biennale della grafica di Cattolica(realizzata nel 1984 e mai più replicata), dove era stata storicizzata la stagione che, grazie alla fortunata definizione di Albe Steiner, fu chiamata della “grafica di pubblica utilità”.2
La mostra che si è conclusa lo scorso luglio al Museo del Vetro di Empoli intitolata Taddei Etrusca e dedicata alla produzione delle due aziende tra il 1930 e il 1950, è stata occasione di riflessione su ciò che è rimasto della realtà produttiva vetraria nel territorio empolese e non solo.
Assistiamo oggi a un profondo cambiamento nel dibattito che negli ultimi vent’anni ha investito l’ambito dell’editoria, contrapponendo il contesto progettuale e distributivo del libro tradizionale cartaceo alla nuova editoria digitale.
In merito agli artefatti, alle cose create artificialmente, si può certamente partire da una constatazione. Essi sono in relazione con il carattere dell’umano, con il suo evolversi, con il suo dispiegarsi e manifestarsi. Ne rispecchiano possibili ripiegamenti e cambi di rotta.
Abbiamo inteso collegare – attraverso un salto “acrobatico” – funzionalmente, o solo narrativamente, tutta una serie di artefatti edilizi o soluzioni applicative con impiego di prodotti laterizi che entrano in contatto con l’acqua, risorsa indispensabile di vita e assai scarsa nell’antichità.
Il modello di origine di vari tipi di laterizi cotti romani – in particolare il caratteristico mattone quadrato di età imperiale – è da rintracciare nelle grandi tegole da tetto.
In questo articolo intendiamo proporre una riflessione sulla «archeologia dell’eco-design» attraverso gli scritti e le ricerche di designers e teorici del design (categorie frequentemente sovrapponibili) che, già nel periodo compreso tra l’inizio degli anni ’70 e fino agli anni ’90, evidenziavano il ruolo e le responsabilità del designer nei confronti dell’ambiente naturale e artificiale, ben prima cioè che il dibattito sull’eco-progettazione (progettazione sostenibile) e sull’eco-design (design sostenibile) prendessero l’importanza che occupano attualmente.